Il ciclo era sempre lo stesso, ma non ero padrone delle mie azioni. Battaglia dopo battaglia, la lama che brandivo era sempre più pesante.

Non riconoscevo l'ombra che avevo appiccicata addosso.

Non riconoscevo me stesso.

Forse non sapevo nemmeno chi fossi.

Le grida e le suppliche dei miei nemici risuonavano nell'aria. La pelle mi bruciava. Il mio cuore batteva più forte di un martello su un'incudine. La mia testa… La mia testa era piena di una fitta nebbia. Ero presente, ma perduto.

Il mio avversario cadde a terra, senza fiato.

Fissai gli occhi sul suo volto e un ringhio involontario, affannoso e animalesco, mi uscì dalle labbra. Rimase sospeso nell'aria come una canzone inquietante.

Sotto, si udiva una risata. La sua.

Caddi in ginocchio, macchiandomi del cremisi che si era accumulato in una pozza sotto i miei stivali. Lasciai la presa sulla spada e mi portai le mani tremanti agli occhi.

Sangue fresco mi scorreva sulle dita e creava un arazzo lungo le linee dei palmi. In quel motivo vidi il suo volto e sentii il peso delle sue mani sulle mie spalle. Sulla mia mente.

Gridai.