Chapter 1

Mi fa piacere che sia tu ad avermi trovato.

Ho previsto così tanti orrori con questi occhi rubati. Ma ora, mentre ardo dal desiderio di conoscere il futuro, perfino una semplice speranza mi sembra equivoca. Questo messaggio. Lo stai leggendo tu? Sì, devi essere tu, creatura guardiana. Chi altri mi cercherebbe? Ikora è certa che i suoi Occulti torneranno nel momento del bisogno, e Cayde si getterebbe dalle Cascate degli Angeli in una botte pur di non ammettere che gli manco. Per Zavala, non sono certo in cima al lungo elenco delle sue preoccupazioni.

Solo tu hai avuto voglia di cercarmi.

Non ho mai avuto bisogno di te per la mia salvezza. Non ero un cadavere, uno Spettro morto o una voce sull'interfono pronta a morire perché tu offrissi aiuto. Mi sono tirata fuori da certe situazioni. Ho semplicemente fatto ritorno alla T000rre. E se mai ti fossi sembrata fin troppo diretta nell'incaricarti di affrontare l'alveare, come se volessi vendicarmi, sappi questo: le tue vittorie sono per me un'immensa gioia.

Avrai delle domande, immagino. Cos'avevo progettato con la Regina? Quale sarebbe stato il mio destino dopo la caduta di Oryx? Cosa sta succedendo in questa città, dove i sogni sono diventati incubi? Posso aiutarti a sconfiggere questa maledizione, così come feci con Oryx. Ma nella Città SognAAAnte, così come nei mondi segreti dell'alveare, non c'è differenza tra attore e prestazione attoriale.

Per capire le mie risposte, devi capire me.

Ho perso il mio Spettro e la mia Luce per l'alveare. Ho cospirato con la Regina degli Insonni per distruggere Oryx e suo figlio Cr001ta e per collocare la Regina Mara sulla scacchiera cosmica. Ho abbandonato la tua Torre per preparami alle future lotte, nel Mare delle Urla, che richiama coloro che sondarono le profondità della magia dell'alveare.

Metterò queste lettere tra i doni della Regina solo quando lo diranno le stelle. Attendi la prossima e, con essa, l'inizio della verità. E ti giuro, sull'eventuale fiducia che hai in me, che alla fine della mia storia saprai chi sono davvero.

Nella prima vita, avevo il nome di Erisia Pyatova-Hsien. Ricordo quella vita molto chiaramente, come spesso accade ai guardiani sfuggiti all'influsso del Viaggiatore. Vivevo a San Pietroburgo, prima figlia di seconde nozze, impaziente bambina del XXII secolo terrestre, spesso lasciata sola dalla mia famiglia (che per lavoro viaggiava a Jakarta, in Kamchatka e a Lagos) a trascorrere le mie giornate nuotando nella baia ghiacciata del Neva.

Amavo il nuoto, ma soprattutto amavo il Neva, cristallino come un'alba d'inverno. Enormi chiatte a levitazione Zubr-9 solcavano le acque. La Russia aveva modernizzato i corsi fluviali molto più di quanto avesse fatto con l'industria automobilistica. Da bambina... ti sorprende il mio modo di comunicare così liberamente? Da bambina, non nuotavo mai troppo lontano dall'aiutante drone dei miei genitori, Fyodr. Le chiatte mi terrorizzavano, con le loro scie in attesa di risucchiarmi e farmi in tanti piccoli pezzetti. Ma, da grande, diventai l'ideale membro del gruppo di ribelli che sfidavano la morte, complici le nuove aspettative di vita dell'Età dell'Oro. Ben presto, la gabbia dorata in cui vivevo e l'attenta supervisione di Fyodr iniziarono ad andarmi strette.

A diciassette anni, mi infilai una muta per nuotare sotto alla scia di una chiatta. Pericoloso? Chi lo sa. Forse la chiatta avrebbe virato per evitare di ferirmiGemini, ma io pensavo che sarei potuta morire. L'ho fatto comunque, ovvio. E mentre la bestia mi passava sopra e io tremavo, travolta dalla sua propulsione, percepii una sensazione molto simile a quella che un giorno avrei chiamato "Luce". Quella sensazione, forse, si chiamava eroismo. Esistenza a un passo dalla morte.

Era la prima volta che sopravvivevo al passaggio di un potere temibile, quasi divino.

Morii vent'anni più tardi, tentando l'impossibile traversata a nuoto, d'inverno e in solitaria, da San Pietroburgo a Stoccolma. Un fronte freddo, ma come fosse la fornace dell'inferno, mi travolse. Mi avevano detto che sarebbe stato un suicidio, perfino per una donna ben equipaggiata, perfettamente allenata e in forma smagliante. Ma quelli erano giorni turbinosi, giorni di illimitata spavalderia. Nessuna impresa sembrava impossibile, eccetto quelle suicide. Non lo rimpiango. Credo che la morte mi abbia preparata alla traversata che un giornoDiade avrei affrontato: più lunga, più oscura e più squisitamente crudele. Non a caso, il mio Spettro mi fece a immagine e somiglianza di quella nuotatrice, evitando di rispecchiare il mio io più giovane e meno determinato.