Chapter 8

La scelta mi tormenta.

Non fu meditata. L'emotività prese il sopravvento. I caduti se n'erano andati. I pochi superstiti, rintanati nel buio di una caverna. Respiravano piano, piangevano in silenzio.

Quando li trovai, qualche notte prima, trovai anche un nuovo scopo. Avevo esplorato quei mondi morti e morenti più a lungo di quanto ricordassi, alla ricerca di una scintilla degna della mia attenzione.

Con il tempo mi stancai, ma qui, tra questi superstiti, trovai la speranza. Se fossi riuscito a individuare un'anima degna di ricevere la Luce, allora avrei trovato un altro modo, anche più umile, di rendermi utile. Avrei portato questo piccolo e disperato gruppo di uomini, donne e un bambino presso il nascente santuario ai piedi del Viaggiatore.

Se non avessi trovato un eroe per sfidare l'Oscurità, allora sarei stato la guida di chi aveva bisogno di salvezza.

Mi ci volle un po' per guadagnare la loro fiducia. Ero strano. Diverso. Pensavano fossi un angelo. Dissi loro che non lo ero. Mi diedero il nome di Tiānshǐ. Non obiettai.

Il bambino mi guardava con gli occhi della meraviglia. Troppo piccolo per parlare e ancora meno per comprendere, la sua presenza era un fardello e un dono allo stesso tempo. I suoi genitori avevano fatto di tutto per accudirlo e proteggerlo con l'aiuto e il conforto dei loro compagni di viaggio, che prima erano sconosciuti e adesso vincolati da un legame più denso del sangue. Insieme, in questa nuova vita alla fine del mondo.

Quel giorno, in quella caverna pregna di paura mentre lo skiff dei caduti rombava sopra gli alberi, la madre emise un urlo disperato. Un suono che non avevo mai sentito prima e che spero di non sentire mai più.

Quanto dolore. Quanto dispiacere.

Afflizione. Sofferenza. Perdita.

Il suo lamento echeggiava nella foresta. Il marito, in lacrime e a un passo dal crollo emotivo, la stringeva a sé.

Lei e il bambino, morto tra le sue braccia.

Gli altri provavano a calmarla, per la paura che i caduti potessero sentirla. L'attacco era stato veloce e brutale. Venti morti. Solo nove sopravvissuti, qui, in questa caverna. Guardai la cima degli alberi, ansioso e spaventato.

Il dolore della madre riempiva lo spazio tra un ramo e l'altro. Mi voltai verso di lei e la vidi per la prima volta: la scintilla del bambino.

Debole. Ma presente.

Questo piccolo uomo non mi competeva. I Prescelti dovevano essere campioni. Questo bambino era così piccolo. Così fragile. Quale devozione aveva mostrato? Quale spavalderia? Che cosa aveva sacrificato? Poi, un pensiero mi attraversò la mente...

Non era forse compito mio donare speranza? Ogni eroe da me trovato non lottava per se stesso, ma per l'umanità intera. Se salvare una sola vita, colmando una perdita insanabile, non era una buona causa... allora cosa lo era?

Osservai la madre mentre piangeva.

Mi sentii espandere. Sentivo la Luce intensificarsi dentro me. Non avevo il controllo di questa sensazione, come se qualcosa, dall'esterno, mi fosse entrato dentro e avesse premuto un pulsante. Dal mio nucleo proruppe un raggio e illuminò di Luce il corpo inerme del piccolo.

E dopo un attimo...

Cominciò a piangere. Tutti erano ammutoliti. Il dono del Viaggiatore era stato dato. Un bambino, tornato. E, con lui, l'inizio della fine del mio viaggio.

Avevo fatto la cosa giusta? Il bambino avrebbe raggiunto la necessaria prestanza fisica? Come tutti i rinati, sarebbe stato pronto alla guerra?

Ma poi pensai a un'altra cosa, una cosa che non avevo considerato: forse la morte sarebbe stata un'opzione migliore.

Quel bambino, lo avevo salvato o condannato?

Mentre il suo pianto riecheggiava, i sopravvissuti erano sgomenti. C'era gioia nel loro silenzio, nella loro meraviglia.

Lo guardai e mi sentii orgoglioso. Avevo fatto la cosa giusta.

È accaduto solo pochi mesi fa, ma sembra un'eternità.

Ora i caduti sono tornati. E noi stiamo scappando. E temo che la promessa di un dono sia lungi dall'essere sufficiente per salvarci dalla lama di un pirata.

— Frammento dell'ultima trasmissione di uno Spettro ignoto