Chapter 3

11.

Il giorno in cui il suo Spettro la rianima, lei gli chiede di darle un nome. E lui la chiama Orin. Poi lui le chiede di dargli un nome. E lei lo chiama Gol. Una decisione istintiva, viscerale. Non potrebbe spiegarne l'etimologia neppure con un coltello puntato alla gola.

Gol dice che c'è un insediamento a est, a pochi giorni di cammino. Dice che non ci sono strade, e che le zone selvagge sono pattugliate da alieni che li ucciderebbero a vista. Mentre parla, Orin si guarda attorno. Sono circondati da una foresta giovane, animata da uccelli e sciami di moscerini. È impossibile immaginare che un alieno letale sia nascosto da qualche parte tra le ombre. Ma Gol l'ha trovata. Gol conosce il mondo molto più di lei. E lei si fida di lui.

Rovista tra le foglie e trova un ramo spezzato. "Può servirci?", gli chiede, soppesando il legno. Gol si contrae ed espande, spiazzato. "...contro gli alieni", precisa Orin.

"Oh." Finge educatamente di prendere in considerazione l'idea, ma poi: "No, forse no. Loro hanno le armi."

"Capisco", dice Orin, anche se non è vero. Stacca i rami più piccoli facendo leva con il piede. Ed eccola, la sua nuova mazza. È pesante e lenta, ma non si spezza quando la collauda contro un tronco.

Non sa che aspetto abbiano gli alieni. Non sa cosa siano le armi. Sa solo che si fida di Gol. E non può fare a meno di pensare che se un alieno la attaccasse mentre è armata con un simile bastone, non avrebbe problemi a sfondargli il cranio.


12.

Raggiungono l'insediamento. È un cumulo di cenere fumante e rovine. Gol si agita e parla di "prodotti della fissione" e "radiazioni acute", così Orin osserva tenendosi a distanza, studiando i resti da lontano. Un gatto si aggira tra le macerie a caccia di un topolino. Uno stendardo strappato sventola nella brezza. Non vede nient'altro, così ignora l'avvertimento di Gol e si avvicina.

Trova dei cadaveri. Adulti, soprattutto. Qualche bambino. Ci sono piccole case per grandi animali, ma non ci sono grandi animali tra i morti.

"Com'è successo?", chiede Orin, sopraffatta dal dolore che prova per questi sconosciuti carbonizzati. "Alieni?"

"Ne dubito. I caduti non usano spesso le armi nucleari. Rovinano la terra. Secondo me è stato un Signore della Guerra. Ha saccheggiato l'insediamento per il bestiame e poi ha innescato una bomba."

"Perché?"

Gol fluttua sul posto, vibrando come a esprimere indifferenza. "Perché no? Non c'era nessuno che potesse fermarlo."

Orin stringe la mazza con più forza. Non si sente bene, ha la nausea. "Riesci a capire quando è successo?"

Gol esegue i calcoli. "Non con precisione assoluta. Direi... meno di trentasei ore fa."

"Avrei dovuto accelerare il passo", mormora lei. Poi si piega su se stessa per vomitare.

"Non puoi farlo qui", la interrompe subito Gol. "Fermati, Orin. Basta. È avvelenamento da radiazioni. Se stai male qui, morirai qui e io dovrò rianimarti qui. E tu starai ancora male, e morirai ancora e ancora. Dobbiamo allontanarci. Vieni. Te l'avevo detto, di stare alla larga."