Oryx, amico mio, mio Re. Calmati. Rilassati. Slacciati quell'armatura e posa quella lama. Allenta le pesanti spalle e abbassa la guardia. Questo è un luogo di vita, un posto di pace.

Fuori, nel mondo, poniamo soltanto una semplice, ma vera, domanda. Come: posso ucciderti, posso fare a pezzi il tuo mondo? Raccontami la verità. Poiché se non la chiederò io, la chiederà qualcun altro in nome mio.

Dicono che siamo il male. Il male! La parola stessa significa "socialmente maladattato." Noi invece siamo l'apice dell'adattamento.

O Oryx, come facciamo a spiegarglielo? Il mondo non segue le regole che loro tanto amano. Non segue l'amicizia, bensì l'interesse reciproco. Non segue la pace, bensì la vittoria a ogni costo. L'universo è governato dall'estinzione, dallo sterminio, dalle esplosioni di raggi gamma che bruciano mille fertili mondi, da stridenti singolarità che inghiottiscono soli neonati. E se la vita volesse vivere, se tutto volesse sopravvivere alla fine di tutto, bisognerà vivere non seguendo il sorriso, ma seguendo la lama; non un soffice letto ma un duro guscio; non la putrescente palude del paradiso artificiale, ma la dura auto-constatante verità dell'unico e ultimo giudizio, il giudice finale, il potere che è tanto una metrica quanto una fonte: l'esistenza a ogni costo. Togli le bugie, le tregue e le tattiche di temporeggiamento che loro chiamano "civiltà" ed è questo ciò che rimane, questa magnifica forma.

Il destino di tutto risiede qui, in questa collisione, in questa prova di forza tra due prassi. È così che il mondo cambia: un modo di pensare ne incontra un altro, scaricano le loro armi, si scambiano parole e mercati, si contestano e facendo ciò richiedono all'altro il diritto di continuare a essere qualcosa, invece di cessare d'esistere. Così l'universo tenta di capire come dovrà essere alla fine di tutto.

Ed è maestoso. Maestoso. È l'unica cosa che può essere vera in sé e per sé.

Ed è ciò che sono.